mercoledì 19 dicembre 2012

la rimpatriata.



Lo Hobbit:
Un Viaggio Inaspettato
The Hobbit: An Unexpected Journey, 2012, USA, 169 minuti
Regia: Peter Jackson
Sceneggiatura non originale: Fran Walsh, Philippa Boyens,
Peter Jackson, Guillermo Del Toro
Basata sul romanzo Lo Hobbit di J.R.R. Tolkien (Adelphi)
Cast: Martin Freeman, Ian McKellen, Richard Armitage,
Ken Stott, Graham McTavish, Willia, Kircher, James Nesbit,
Stephen Hunter, Dean O'Gorman, Cate Blanchett, Elijah Wood
Voto: 7.8/ 10
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Per esempio, basta guardare il cast di questo film. Non il cast inteso con l'entità e la fama dei suoi attori, ma proprio il numero: centinaia e centinaia di persone, figuranti, comparse, e poi aquile giganti e ricci ammalati e conigli selvatici e ancora orchi, troll, draghi, montagne combattenti. E tutte queste persone, tutti questi animali, tutte queste figure hanno un'abitazione, hanno una serie di vestiti, hanno delle corazze o delle armature. Ed ecco ciò che fa tutto il film, e ciò che piace a Peter Jackson (e al suo co-sceneggiatore Guillermo Del Toro, messicano – avete visto Il Labirinto Del Fauno?): il kolossal in tutta la sua mastodonticità. Ed ecco il pregio del film: la cura nei costumi e soprattutto negli interni delle dimore, lo sporco nelle unghie, i biscotti fatti in casa disposti nel piatto, i tronchi afferrati dal bordo usati come scudo, le tasche nelle giacche e le giacche coi bottoni. I costumi, gli accessori, il trucco – che è sempre privo del sangue nonostante i numerosi combattimenti.
Tanta arte e tanta tecnica incontrano un esperto regista che dopo essersi arricchito con la trilogia più famosa della storia e dopo aver fatto compagnia a Ben Hur e Titanic per numero di Oscar vinti da un unico titolo, s'era dedicato ad un cambio di genere, prima col fanta-wwf King Kong e poi col fanta-horror Amabili Resti. Due insuccessi se paragonati con i precedenti (film giunti dopo un esordio silenzioso) per cui la squadra vincente s'è rimessa all'opera e ha ripreso in mano la stessa storia, dello stesso fantastico autore, e l'ha spostata di protagonista. Lo Hobbit, dicono i titoli di testa con voce fuori campo, è il racconto che Bilbo fa in età avanzata scrivendo al celeberrimo Frodo l'avventura di cui fu protagonista in gioventù, spiegando che un drago, razza amante dell'oro, distrusse un villaggio ai piedi della montagna per adagiarsi sotto le monete e che Gandalf, anche questa volta il miglior personaggio  psicologicamente delineato nella pellicola, si presentò al suo focolare insieme a tredici nani per convincerlo/ costringerlo a partire alla volta del bestione. Il “viaggio inaspettato”, titolo della prima delle tre nuove pellicole (la seconda, La Desolazione Di Smaug, è prevista per il 2013 mentre Andata E Ritorno per il 2014), è quindi questo arruolamento che Mulan fa abbandonando i centrini e le mele di casa sua per inforcare una spada che non sa come usare, “diverso” in mezzo ai guerrieri valorosi, in mezzo ai maschioni. Perché di Mulan si tratta, e di tutte le fiabe – e la locandina, non vi sembra quella che fu di Toy Story? La struttura narrativa, punto di massima originalità di questo film molto poco originale, si puntella di siparietti comici da Bugs Bunny & Co., a cominciare dalla scena dei troll che stanno preparando la cena sputacchiandoci dentro, starnutendo, prendendo dalla tasca un fazzoletto a cui un nano è silenziosamente attaccato che poi si riempirà di muco per l'ilarità degli under17 presenti in sala. Alla scenetta favolettistica segue l'immancabile e lunghissima scena di combattimento in cui l'arte di Peter Jackson è ben chiara (la telecamera che non sa cosa inquadrare, che si perde tra la polvere, che rotola, traballa, barcolla, si eleva, inquadra dall'alto, poi dal mezzo, poi da sotto), e a questa seguiranno tutta un'altra serie di scene sempre uguali: sviluppo della trama, incontro con una specie, scena comica, combattimento. La variabile è: nella tana degli orchi, tutta impalcature di legno e fuochi posticci, l'impianto è quello del videogioco, che di fronte inquadra queste Lara Croft che saltano da un ciglio all'altro e affilano con spade straniere il nemico. Bilbo, intanto, è impegnato altrove: si racconta della nascita dell'ira di Gollum. Perché, insieme a Elijah Wood prima e Cate Blanchett poi, questo film pare sia una mera rimpatriata di compagni di classe che si vogliono rivedere dopo quasi diec'anni e mettono in piedi una produzione gigantesca totalmente a caso. Sappiamo che non è così, ma poco ci manca: il Signore Degli Anelli si è abbassato all'americanizzazione della sceneggiatura per cui tutto è prevedibile e tutto è previsto e tutto è banale, i morti buoni risorgono e quelli cattivi non vengono veramente ammazzati per far danni poi; i saggi tirano fuori aforismi tremendi («si è saggi quando la spada si evita di usarla») e i diversi riescono a dimostrarsi armi preziose salvando vite.
Poi un drago apre un occhio e pensiamo: ecco che l'anno prossimo gli devo dare altri sei euro.

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