domenica 28 aprile 2013

#Cannes66.



Manca poco meno di un mese all'apertura del 66esimo Festival del Cinema di Cannes che, sappiamo bene, si aprirà con la prima, ritardata di cinque mesi, de Il Grande Gatsby, ultima attesissima fatica del visionario Baz Luhrmann che eleva le tecniche del 3D ancora più in alto di Hugo Cabret e conquista i fan di Fitzgerald insieme a quelli di tutta una serie di cantanti (Beyoncé, Jay Z, Florence + The Machine, Sia, Lana Del Rey, Emeli Sandé, Jack White...) facendosi aspettare anche con una colonna sonora originale composta apposta (qui la preview). Dall'altra parte del concorso, in giuria, ci sarà a visionarlo la sua attrice-feticcio Nicole Kidman – per quanto possa essere “feticcio” un'attrice che ha fatto due film su cinque – ultima aggiunta alla serie già splendente di nomi (soliti) all'evento: Ang Lee che di qui passò con Motel Woodstock, Lynne Ramsay che due anni fa presentò ...E Ora Parliamo Di Kevin, il Cristian Mungiu due volte vincitore e ancora l'attore austriaco Christoph Waltz appena premiato col secondo Oscar, il francese Daniel Auteuil, Vidya Balan, Naomi Kawase. A sedersi sulla poltrona che l'anno scorso tra le polemiche e le approvazioni fu di Nanni Moretti, ci sarà questa volta Steven Spielberg che di presentazioni non ha certo bisogno, per un Festival strabordante che in occasione del numero 66 si celebra in locandina con un 69: Joanne Woodward e Paul Newman si baciano, molto prima che Spiderman li copiasse, sul set de Il Mio Amore Con Samantha di Melville Shavelson (1963), in uno scatto digitalizzato e ridisegnato dall'agenzia Bronx di Parigi che l'ha anche fatta muovere per lo spot ufficiale.
Due italiani nelle gare: il navigato Paolo Sorrentino, che dopo il successo de Il Divo e la fama ottenuta con This Must Be The Place torna a raccontare un pezzo d'Italia, di Roma in particolare, con La Grande Bellezza, ancora una volta dirigendo il camaleontico Toni Servillo (e Carlo Verdone e Sabrina Ferilli); e Valeria Golino, esordiente dietro la macchina da presa col duro Miele, storia dei malaffari gestiti da Jasmine Trinca. Ritornano poi i soliti festivalieri: Abdellatif Kechiche (Cous Cous, Venere Nera), Roman Polanski con una produzione francese che ovviamente presenzierà al posto suo, segregato in Polonia, il Nicolas Winding Refn miglior regista con Drive che torna a Cannes dopo aver reso un cult il suo scorso film, il super-prolifero Steven Soderbergh che si appresta a uscire nelle nostre sale con Effetti Collaterali ma che in Francia porterà la biografia di Scott Thorson Behind The Candelabra – e poi ancora gli osannati Alexander Payne (recente Oscar per Paradiso Amaro), i fratelli Cohen di Fargo con la storia dei fratelli Berkey nella musica folk degli anni '60 (saranno Carey Mulligan e Justin Timberlake), l'iraniano Asghar Farhadi maestro dietro Una Separazione e il François Ozon reduce dal successo di Nella Casa.
Fra le molte produzioni francesi e quelle americane, un altro attore e regista amato in patria, Guillaume Canet, compragno di Marion Cotillard, presenterà Blood Ties con un cast stratosferico che include Mila Kunis, Zoe Saldana, Clive Owen e ancora la coppia Cotillard-Schoenaerts di Ruggine E Ossa.
Dopo l'interruzione, le liste dei film in concorso, fuori concorso e la giuria; questo è il sito ufficiale.

giovedì 25 aprile 2013

cut-it!



The Girl
id., 2012, UK, 91 minuti
Regia: Julian Jarrold
Sceneggiatura non originale: Gwyneth Hughes
Basata sul libro di Donald Spoto
Cast: Sienna Miller, Toby Jones, Imelda Staunton,
Conrad Kemp, Penelope Wilton
Voto: 6.9/ 10
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Nella Hollywood ormai stremata dalla troppa fantasia persa è pensiero comune che «le serie TV stanno di gran lunga battendo la potenza narrativa del cinema» e faccio riferimento al successo di critica di Homeland che batté a sua volta quello di Mad Men; ma c'è un pezzo di televisione che al cinema resta profondamente legato, e questa volta faccio riferimento ai cinque interminabili meravigliosi episodi di cui era composta la miniserie Mildred Pierce targata HBO – e arriviamo a questa. Come ormai capita spesso, due prodotti con lo stesso tema (Biancaneve) escono quasi insieme, e dopo il flop al cinema di Hitchcock floppa sulle reti americane anche il film made-for-television The Girl che è diretta conseguenza di quello: là si sviscerava la produzione di Psycho e si concludeva simpaticamente con un corvo ispiratore per il film successivo. E qui si parte da là: dalla scelta dell'attrice protagonista per Gli Uccelli che Alma, la moglie del regista più inglese d'America, intravede in uno spot TV e poi contatta; questa, soprannominata Tippi e biondissima perché mezza svedese, divide le sue giornate tra il disincanto della moda e la figlia che l'aspetta a casa insieme alla bambinaia. Quando Hitchcock e consorte le regalano spilla e contratto per girare il volatile horror si commuove, e sarà il primo pianto di una lunga serie. Un tentativo di limone in macchina, di nascosto dagli altri, un sacco di sguardi provocatori, sceneggiature cambiate per averla nuda sul set e i celebri cinquanta tentativi di ripresa della salita in soffitta, da sola, con torcia, assalita da uccellacci uccellini che le feriscono volto, un occhio, mani e braccia. E l'ossessione del regista che ruota attorno a questa non-attrice raccolta dal nulla sta proprio nella di lei capacità di farsi fare qualsiasi cosa, di resistere a qualsiasi cosa. Dopodiché, il successo: la prima al cinema, le interviste, il nome sui cartelloni – ed eccoci al film successivo: Marnie, considerato, si legge nei titoli di coda, «l'ultimo capolavoro del Maestro» (gli seguirono Il Sipario Strappato, Topaz, Frenzy e Complotto Di Famiglia). Qui la vita di Tippi Hedren si fa incubo, il regista la tratta come perla preziosa da avere, da poter sfruttare, da venerare e convincere al sesso, al matrimonio, mentre la moglie sta a guardare come anche aveva fatto Helen Mirren nel film precedente; ma qui c'è un'Imelda Staunton più accondiscendente, più consapevole, più rassegnata: là Alma se ne andava da casa con un altro uomo, qui se ne va e poi torna. E alle fughe di lei, là Hitch reagiva sabotando il frigo e qua si sbronza e telefona alla prima attrice.
In tutto questo, Sienna Miller ne esce vincente perché algida, bellissima, meravigliosa, perfettamente somigliante alla Hedren e capace di reggere le battute che il “suo” regista le semina intorno; certo è molto più complicato giudicare Toby Jones: se avevamo bocciato all'unanimità Hopkins non tanto per l'interpretazione quanto per il trucco, qua abbiamo un accento inglese molto più credibile ma molta meno pancia del dovuto.
Pare, comunque, come molta stampa americana ha fatto notare, che la “riscoperta” del maestro sia tutta in chiave negativa: un autore ingordo di sé che modifica gli script per torturare i suoi attori, che ricerca più la vendetta che la perfezione, che non riesce a separare la vita vera da quella ripresa. Una sorta di maniaco, fissato con «tutte le carine: Ingrid, Grace...». Si sente l'amaro in bocca che apparteneva a Jessica Biel nell'altro film, in cui vedevamo di cosa poteva essere capace quest'uomo se la sua donna sceglieva la gravidanza al prossimo film. Ma è sempre meraviglioso rivedere le costruzioni di quei giorni, il tailleur verde beccato dai gabbiani, la borsa gialla della ladra Marnie: un tuffo al cuore.

lunedì 22 aprile 2013

Alfred Allen.



Nella Casa
Dans La Maison, 2012, Francia, 105 minuti
Regia: François Ozon
Sceneggiatura non originale: François Ozon
Liberamente basata su El Chico De La Ultima Fila di Juan Mayorga
Cast: Fabrice Luchini, Ernst Umhauer, Kristin Scott Thomas,
Emmanuelle Seigner, Denis Ménochet, Bastien Ughetto
Voto: 7.7/ 10
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Doppia satira iniziale: sulle divise scolastiche, che rendono gli alunni un branco di pecoroni davanti al quale il professore di turno deve farsi o pastore o lupo per cercare di domarli – finendo poi, una volta domati, in presidenza per aver esagerato nello svolgimento del proprio ruolo; sul livello ogni anno sempre più basso di qualità della scrittura, per cui «peggio di così non può andare» dice il professore di Letteratura correggendo un testo di due righe e mezzo sulla pizza e sulla tele mentre la moglie dal divano urla che anche l'anno prima peggio di così non poteva andare. E nel branco di caproni di pizza e tele emerge un sedicenne (dalla perfetta faccia perfidissima di Ernst Umhauer) incuriosito dal compagno di classe la cui famiglia ha osservato per mesi da una panchina nel parco; nel testo sul weekend trascorso si mette a nudo e con tono sarcastico – che a un sedicenne può appartenere ma non così spiccatamente – analizza comportamenti infantili, ignoranze e profumi borghesi della suddetta famiglia e della casa del titolo in cui abita. Dall'altra parte, la satira riguarda un'altra faccia dell'Arte, e cioè quella galleristica: la moglie del professore si occupa di esposizioni di concetti più che di prodotti, di dittatori paragonati al sesso mercificato, di cieli giapponesi presi come strumento per misurare il tempo e lo spazio (degli Ugo Mulas esotici, insomma). Le due facce, quella letteraria e quella pittorica, si incastrano in questa relazione tra il bravo Fabrice Luchini e l'immensa Kristin Scott Thomas, solo che lei è meno immensa del solito, perché schiacciata in un personaggio non così particolare, che esplode solo nella retorica da imprenditrice artistica, e lui si annulla per ricalcare il tipico personaggio di Woody Allen interpretato da Woody Allen pieno di isterie e movimenti veloci che si consumano nei dialoghi serrati dentro e fuori casa. L'amore per i libri lo porta a consigliarne alcuni ai suoi studenti che i suoi studenti o non leggono o non commentano, e neanche lui in realtà lo fa, ma per carità questo non è un film sui libri ma un film su una famiglia che vive in una casa: ed è incredibile come, pur essendo un film su una famiglia che vive in una casa, pur essendoci ogni volta un pretesto per questo ragazzino per accedervi, per sgattaiolare tra le stanze, per spiare conversazioni private o addirittura amplessi, la tensione che si prova nel vederlo, seduti in poltrona, è hitchcockiana, tremenda: il racconto a puntate si mischia con la musica tagliente e con la realtà, per cui a volte non sappiamo bene cosa sia vero e cosa no: cosa sia successo e cosa no: quale versione sia quella giusta e quale no. E se quest'ultimo aspetto non viene ampiamente sfruttato, purtroppo, lo è il secondo cliché del cinema che incontra il romanzo: la ricerca del finale perfetto. E in questa ricerca Ozon cade, e la sua nave affonda insieme a tutti gli attori, i cui personaggi s'intrecciano in modi poco probabili e sempre meno sorprendenti, fino all'ultima dubbia scena che ricorda quella Migliore Offerta che sebbene in modi diversi parlava pure d'Arte tenendoci sulle spine.
Bene: più di un milione di spettatori in Francia per il François Ozon che ogni tanto se ne spunta con piccole perle (8 Donne E Un Mistero, Potiche) e che spaziando tra i generi (l'erotico Swimming Pool, il fantasioso Ricky) non si ripete (quasi) mai; ma è un milione di paganti che, oltre ad essere francese – e ricordiamo il successo di Quasi Amici – è anche più interessato alla prima parte che alla seconda. Non so quanto sia rimasto fedele alla pièce El Chico De La Ultima Fila da cui s'è ispirato, ma anche Ozon cade nella trappola del finale perfetto, cercandolo cercandolo e trovando semplicemente due righe e mezzo in cui dice “pizza” e “tele”.

Mtv Movie Awards 2013 - vincitori.



Un'inizio col botto che si addice sempre agli show di Mtv per i Movie Awards 2013 che si sono svolti a Los Angeles e hanno visto la sfilata di tutti i personaggi e i loro ruoli tanto amati dal pubblico teen e young-adult.
A cominciare dalla presentatrice, che nella foto qui al lato è nel mezzo, la Rebel Wilson su cui la rete ha scommesso dopo la prova data in Pitch Perfect (intorno a lei, nell'esibizione d'apertura, il resto del cast privo di Anna Kendrick) che le è valsa il premio per la Performance Emergente. Scommessa vinta, perché col suo fare fuori luogo e disadattato e sempre a suo agio la Wilson ha saputo mettere in imbarazzo pacato gran parte dei conduttori e ha fatto bene gli onori di casa; una su tutte: al ritiro del suo premio, datole da Bruce Willis, ha chiesto al presentatore pronto dietro le quinte, Zac Efron, di entrare a baciarla – ma come si bacia in Australia: cioè alla francese, più in basso.
Per quanto riguarda i bicchieri di pop-conr assegnati (il trofeo di questa cerimonia) si ricalcano i successi del botteghino: The Avengers, film dall'incasso record dell'anno scorso, prende l'onore dell'anno insieme al Combattimento e all'Antagonista; Il Lato Positivo reduce dai trionfi (di candidature) agli Oscar riceve il premio all'Attore, all'Attrice e al Bacio; e per Django c'è solo il Momento WTF. Sforzandosi di sostenere il palco in modo comico, poi, Taylor Lautner riceve la statuetta per la Performance Senza Maglia con imbottitura sulla pancia e M&M's fuori dalle tasche per mettere in evidenza la forma persa e mai più acquistata. E cita Lena Dunham, appena inserita nei personaggi più influenti al mondo secondo il Times e citata anche dalla Wilson, in apertura, per la sua vagina pelosa.
Due i momenti musicali (Selena Gomez e Macklemore) che, insieme a tutti i premi e a Kesha che tira di canna sul palco, potete ritrovare sul sito ufficiale. Di seguito, candidati e vincitori:

Film dell'Anno
 The Avengers  di Joss Whedon
Il Cavaliere Oscuro - Il Ritorno di Christopher Nolan
Django di Quentin Tarantino
Il Lato Positivo di David O. Russell
Ted di Seth MacFarlane

gli attori dietro ai pini.



Come Un Tuono
The Place Beyond The Pines, 2013, USA, 140 minuti
Regia: Derek Cianfrance
Sceneggiatura originale: Derek Cianfrance,
Ben Coccio e Darius Marder
Cast: Eva Mendes, Ryan Gosling, Bradley Cooper,
Ray Liotta, Dane DeHaan, Ben Mendelson
Voto: 7.2/ 10
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“Se corri come un fulmine ti schianti come un tuono” sostituisce il ben più poetico titolo originale Il Posto Al Di Là Dei Pini che il poetico Derek Cianfrance ha dato alla sua seconda opera dopo che nella prima ha reso la poesia della relazione di coppia raccontando il primo e l'ultimo giorno di un matrimonio, di una conoscenza, di una routine, di un'amore finito da una delle due parti. C'erano, in quel film, due attori magistrali (Ryan Gosling e Michelle Williams) e c'era una struttura a scatole che tanto ci piace sul grande schermo; c'è, in questo nuovo tanto atteso film, sempre Ryan Gosling, che è magistrale solo per mezz'ora, e c'è una storia che scorre cronologicamente saltando anche archi temporali di dieci anni senza particolari digressioni: il motociclista Luke, bello e fenomeno in baracconi gremiti di gente stupita di fronte alle moto che girano e girano nelle sfere d'acciaio senza mai scontrarsi, scopre, incontrando di nuovo un'occasionale scopamica che lascia insieme alla città, di averle dato un figlio, quasi un anno prima, e nel prendere in braccio questo pupetto s'intenerisce e comincia a fare la parte del padre assente che vizia e riempie di soldi. Ma i soldi, se li procura in modi bislacchi, che lo porteranno a fare una finaccia – e qui pensiamo che il film finisca, invece no: ci racconta cosa succede a chi questa finaccia la provoca, e al senso di colpa che sulle spalle gli pesa come una croce, il Bradley Cooper così caruccio con la barba che qua, liscio liscio, ci fa un po' impressione, e non riusciamo a staccare dal ruolo de Il Lato Positivo. E quando pensiamo che il film finisca, raccontando del figlio di questo, e del figlio di quell'altro, il film non finisce!, va avanti!, e noi no, stiamo fermi, in sala davanti a lui. E come una matassa il cui filo si disperde sul pavimento, la storia va, sempre di più allontanandosi dal gomitolo di partenza, senza nessuno che la tenga ferma, che la incorpori a qualcosa: ed è questo il problema – i vari episodi sembrano episodi e non tasselli di un film; sembra che ci venga raccontata una storia sgretolata. Addirittura inconcludente. L'assenza di un padre, da una parte e dall'altra, porta alla solita sbandatezza adolescenziale e all'emulazione, e dunque?, questo posto oltre i pini rappresenta ciò che non c'è più o che non c'è mai stato e che s'inventa, verso un finale aperto più che mai. Ma salvano la sceneggiatura – non debole ma imperfetta – le facce degli attori e i colori della fotografia; persino Eva Mendez è giusta per il ruolo, e si fa invecchiare, stancare, impoverire. Ma sono attori costretti in personaggi totalmente privi di originalità o di spessore psicologico: l'ex amante che preferisce la stabilità per assicurare al figlio un futuro migliore; il bandito che cerca di farsi amare con l'unico strumento che può procurarsi, la moneta; il poliziotto buono stanco della malavita intorno a lui che vive col senso di colpa per l'unico errore fatto; il figlio che senza padre cresce tra erba, festini, botte e silenzi. Dove sia finita, ci domandiamo, tutta quella poesia che era in Blue Valentine?, dove due personaggi qualunque, senza passato e senza storia, venivano delineati così bene, gli venivano messe in bocca parole così strazianti... Il paradosso è che quel film l'Oscar l'ha sfiorato e questo potrebbe invece, ingiustamente, conquistarlo.

lunedì 15 aprile 2013

il water della discordia.



Il Volto Di Un'altra
id., 2013, Italia, 90 minuti
Regia: Pappi Corsicato
Sceneggiatura originale: Pappi Corsicato,
Monica Rametta, Gianni Romoli
Cast: Laura Chiatti, Alessandro Preziosi, Lino Guanciale, Iaia Forte
Voto: 4.9/ 10
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Se l'incipit confonde e ricorda da lontano il film che lo rese famoso all'epoca, I Buchi Neri, l'introduzione omaggia palesemente una delle più celebri scene di 8 1/2, quella cioè in cui Guido Anselmi si reca alla fonte della casa di cura per bere l'acqua santa dei malati. La musica è praticamente la stessa e le stesse sono le movenze delle attrici che guardano in camera e poi corrono via nei prati; cambiano i volti, qui quasi sempre nascosti da garze e fasciature e cambia il protagonista: non è un regista annoiato ma un chirurgo nel pieno delle sue forze, un Alessandro Preziosi con improbabile papillon sopra alla camicia e ancor più improbabile colore di capelli. Lui regala a noi due scene madri – il frigo-credenza-bar a forma di Venere di Milo e il balletto alla Ozon in un salotto prima che insieme alla consorte si butti sul letto a rallentatore come nelle pubblicità di materassi – e alla moglie Laura Chiatti regala un cappottino mezzo bianco e mezzo nero che ricorda pure questo il vestito che la Sandrocchia «vide su Vogue» nel '63.
Eppure, s'era detto, il nuovo film di Pappi Corsicato, nome ignoto ai più eppure in concorso a Venezia con l'apprezzabile Il Seme Della Discordia tutto colori e movida italiana e a Roma con questo, è ancora una volta ricalcato sulle vecchie glorie di Pedro Almodóvar – dato che di quest'ultimo è stato, in passato, aiuto-regista. E da Almodóvar sicuramente prende l'idea madre, che a sua volta Pedro prese da Occhi Senza Volto: una fanciulla appena sbocciata di candore resta vittima sfigurata in un incidente che la costringerà al trapianto di viso, ad acquistare chirurgicamente, quindi, il volto di un'altra. E l'incidente che colpisce la Laura Chiatti di cui prima rientra nel calderone di robe assurde di cui questo film si fa mestolo – finanche ad una pioggia di merda conclusiva: la caduta di un cesso da un camion sul ponte. E a proposito di defecazione, per film come questi si potrebbe usare il commento lasciatomi ad un post precedente: una cagata pazzesca. Ma non perché il tema degli escrementi sia ripetuto sotto forma di lassativi e tubature cigolanti, quanto perché risulta palesemente il risultato di una esigenza, una urgenza estetica che non ha alla base niente da dire: qualche bella immagine (di certo non il bianco e nero rovinato dalla battuta dell'assicurazione), e mi viene in mente il trio di infermiere dietro al vetro; il riuso della suora laica e corrotta che già era de Il Seme, qui fa ridere molto meno; l'ennesima citazione neorealista col nome Tru Tru fluentemente usato per l'operaio. Ma se di Reality abbiamo detto che è uscito in ritardo per fare satira sul Grande Fratello, di Il Volto Di Un'altra diciamo che pure uscendo vent'anni fa non avrebbe smosso nessuna coscienza: la satira televisiva e giornalistica dei fan sfegatati che si stanziano nei parchi in attesa di cogliere anche solo da lontano mezzo orecchio del loro vip preferito, e la stampa che li intervista e dedica loro speciali in diretta, chiede opinioni, e questi un lavoro non ce l'hanno e una casa nemmeno ma una famiglia sì, al punto che fanno il viaggio di nozze in questi acri circondanti la clinica delle star, si atteggiano devoti allo strumento filmico e gioiscono nel vedersi sullo schermo: ma è roba antica, ed è anche stata fatta molto meglio in passato.
Per cui forse Corsicato contava sulle interpretazioni dei suoi attori: ma allora non avrebbe dovuto scegliere la Chiatti, o non avrebbe dovuto dipingerle addosso un ruolo così banale e insulso, della starlette mussosa che talenti non ne ha. Forse avrebbe dovuto contare sulle scenografie – come ha fatto in passato, forse sui colori. O su un finale a sorpresa. Invece, lui, si fissa su un asteroide.

mercoledì 10 aprile 2013

Mtv Movie Awards 2013 - nominations.



I premi meno credibili del cinema americano si apprestano a tornare, e per la prima volta, finalmente, (quasi) completamente depurati dalle saghe Harry Potter e Twilight – il secondo dei quali ha sempre vinto per il Miglior Film candidandosi poi ad un putiferio di Razzie. Ci sono, sempre per la prima volta, i filmoni degli Oscar e dei registi da Oscar: Nolan, Hooper, il Ben Affleck di Argo e il Daniel Day-Lewis di Lincoln insieme, ovviamente, alla commedia dell'anno – Il Lato Positivo, con 6 candidature totali – e al campione d'incassi Django, che di nominations ne ha 7. Non poteva mancare la commedia-campione d'incassi, Ted, il cui regista Seth MacFarlane, nonostante la presenza solo vocale dietro all'orso parlante più fatto del cinema, ha qui 5 nominations personali.
A condurre la serata di premiazione del 14 aprile, in diretta a notte inoltrata su Mtv e in differita il giorno dopo alle 21:00 con sottotioli, ci penserà Rebel Wilson, la “rivelazione” del film canoro della passata stagione, Pitch Perfect, appena annunciato alla distribuzione italiana col titolo Voices e programmato per uscire il 6 giugno nelle nostre sale. La Wilson, 27enne australiana, è l'incarnazione della nuova generazione di quei comici americani senza peli sulla lingua che tanto sono amati in patria; la sua carriera di attrice conta una piccola parte ne Le Amiche Della Sposa e una (indimenticabile) in Tre Uomini E Una Pecora, e poi The Wedding Party e Che Cosa Aspettarsi Quando Si Aspetta. La affiancheranno al microfono il solito manipolo di attori da cassetta disposti a consegnare un pacco di pop-corn come premio tra cui Brad Pitt, Adam Sandler, Steve Carrell, Melissa McCarthy, Zoe Saldana e, tra gli altri, Kim Kardashian che attrice non è, il tutto attraverso le performances per ora confermate di Selena Gomez, Ryan Lewis e Macklemore.
Tra le categorie di quest'anno, sempre nuove e sempre cangianti, comprare la “shirless performance” (che dovrebbe andare senza nessun tipo di dubbio a Channing Tatum), il “music moment” e per il miglior eroe si sono cambiate le regole del gioco: niente votazione dalla pagina ufficiale del sito ma hashtag su Twitter: scrivete di Batman, Iron Man, Hulk o il Bilbo de Lo Hobbit e se il vostro paladino sarà stato il trent-topic più trend, lo vedrete salire sul palco.
Tutti i candidati, di seguito, dopo l'interruzione.

Film dell'Anno
The Avengers di Joss Whedon
Il Cavaliere Oscuro - Il Ritorno di Christopher Nolan
Django di Quentin Tarantino
Il Lato Positivo di David O. Russell
Ted di Seth MacFarlane