giovedì 25 aprile 2013

cut-it!



The Girl
id., 2012, UK, 91 minuti
Regia: Julian Jarrold
Sceneggiatura non originale: Gwyneth Hughes
Basata sul libro di Donald Spoto
Cast: Sienna Miller, Toby Jones, Imelda Staunton,
Conrad Kemp, Penelope Wilton
Voto: 6.9/ 10
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Nella Hollywood ormai stremata dalla troppa fantasia persa è pensiero comune che «le serie TV stanno di gran lunga battendo la potenza narrativa del cinema» e faccio riferimento al successo di critica di Homeland che batté a sua volta quello di Mad Men; ma c'è un pezzo di televisione che al cinema resta profondamente legato, e questa volta faccio riferimento ai cinque interminabili meravigliosi episodi di cui era composta la miniserie Mildred Pierce targata HBO – e arriviamo a questa. Come ormai capita spesso, due prodotti con lo stesso tema (Biancaneve) escono quasi insieme, e dopo il flop al cinema di Hitchcock floppa sulle reti americane anche il film made-for-television The Girl che è diretta conseguenza di quello: là si sviscerava la produzione di Psycho e si concludeva simpaticamente con un corvo ispiratore per il film successivo. E qui si parte da là: dalla scelta dell'attrice protagonista per Gli Uccelli che Alma, la moglie del regista più inglese d'America, intravede in uno spot TV e poi contatta; questa, soprannominata Tippi e biondissima perché mezza svedese, divide le sue giornate tra il disincanto della moda e la figlia che l'aspetta a casa insieme alla bambinaia. Quando Hitchcock e consorte le regalano spilla e contratto per girare il volatile horror si commuove, e sarà il primo pianto di una lunga serie. Un tentativo di limone in macchina, di nascosto dagli altri, un sacco di sguardi provocatori, sceneggiature cambiate per averla nuda sul set e i celebri cinquanta tentativi di ripresa della salita in soffitta, da sola, con torcia, assalita da uccellacci uccellini che le feriscono volto, un occhio, mani e braccia. E l'ossessione del regista che ruota attorno a questa non-attrice raccolta dal nulla sta proprio nella di lei capacità di farsi fare qualsiasi cosa, di resistere a qualsiasi cosa. Dopodiché, il successo: la prima al cinema, le interviste, il nome sui cartelloni – ed eccoci al film successivo: Marnie, considerato, si legge nei titoli di coda, «l'ultimo capolavoro del Maestro» (gli seguirono Il Sipario Strappato, Topaz, Frenzy e Complotto Di Famiglia). Qui la vita di Tippi Hedren si fa incubo, il regista la tratta come perla preziosa da avere, da poter sfruttare, da venerare e convincere al sesso, al matrimonio, mentre la moglie sta a guardare come anche aveva fatto Helen Mirren nel film precedente; ma qui c'è un'Imelda Staunton più accondiscendente, più consapevole, più rassegnata: là Alma se ne andava da casa con un altro uomo, qui se ne va e poi torna. E alle fughe di lei, là Hitch reagiva sabotando il frigo e qua si sbronza e telefona alla prima attrice.
In tutto questo, Sienna Miller ne esce vincente perché algida, bellissima, meravigliosa, perfettamente somigliante alla Hedren e capace di reggere le battute che il “suo” regista le semina intorno; certo è molto più complicato giudicare Toby Jones: se avevamo bocciato all'unanimità Hopkins non tanto per l'interpretazione quanto per il trucco, qua abbiamo un accento inglese molto più credibile ma molta meno pancia del dovuto.
Pare, comunque, come molta stampa americana ha fatto notare, che la “riscoperta” del maestro sia tutta in chiave negativa: un autore ingordo di sé che modifica gli script per torturare i suoi attori, che ricerca più la vendetta che la perfezione, che non riesce a separare la vita vera da quella ripresa. Una sorta di maniaco, fissato con «tutte le carine: Ingrid, Grace...». Si sente l'amaro in bocca che apparteneva a Jessica Biel nell'altro film, in cui vedevamo di cosa poteva essere capace quest'uomo se la sua donna sceglieva la gravidanza al prossimo film. Ma è sempre meraviglioso rivedere le costruzioni di quei giorni, il tailleur verde beccato dai gabbiani, la borsa gialla della ladra Marnie: un tuffo al cuore.

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