giovedì 21 novembre 2013

sposare una lontra.



Venere In Pelliccia
La Vénus À La Fourrure, 2013, Francia/ Polonia, 96 minuti
Regia: Roman Polanski
Sceneggiatura non originale: David Ives & Roman Polanski
Basata sulla pièce teatrale di David Ives
Cast: Emmanuelle Seigner, Mathieu Amalric
Voto: 8/ 10
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Le Variazioni di Von Trier ci insegnarono che più restrizioni si hanno, miglior parto avrà il nostro prodotto: i limiti e i vincoli fanno sforzare l'ingegno. E così ha dovuto fare il segregato-in-Polonia Roman Polanski (che però al Festival di Cannes c'era, insieme ai suoi due attori e al suo film in concorso). Una comitiva piccola piccola perché il film due attori soltanto ha, e soltanto una location: un teatro addobbato coi cacti fallici di Ombre Rosse adattato a musical belga. Non potendo tornare al cinema internazionale e en-plain-aire, Polanski è da un paio d'anni che si scrive a pennello sceneggiature claustrofobiche tutte al chiuso: aveva così esagerato con L'uomo Nell'ombra (aka The Ghostwriter) tra isolotti aeroplani traghetti e spiagge, con cui fu applauditissimo a Berlino, che il successivo Carnage l'aveva fatto durare un'ora e l'aveva fatto iniziare e finire in un appartamento. Epopea di bravura per quattro bravissimi attori, fu la perla di Venezia 66 che riportò in auge lo spettacolo Il Dio Del Massacro repentinamente pubblicato da Adelphi. A due anni da quel film, il regista franco-polacco torna a un festival e torna a collaborare con uno sceneggiatore teatrale, il sessantatreenne David Ives che nel 2010 portò sul palco (nel 2011 a Broadway) lo spettacolo Venus In Fur che richiamava alla memoria il romanzo Venus Im Pelz dell'austriaco Leopold von Sacher-Masoch (1870) che scandalizzò il mondo e diede neologia al termine “masochismo” oltre che ispirazione, tra gli altri, al fumetto omonimo di Crepax negli anni '80.
Da questo calderone di arti, il duo di scrittori prende ogni tassello di puzzle e lo monta in un botta-e-risposta labirintico; Mathieu Amalric ed Emmanuelle Seigner si ritrovano dopo Lo Scafandro E La Farfalla e si trovano nel teatro di cui prima, lui regista e adattatore della pièce e lei attricetta spiantata giunta in ritardo alle audizioni per il ruolo di protagonista di questo Venere In Pelliccia, spettacolo a partire dal romanzo di due secoli fa. Da subito, dal completo di pelle e dalla parlata sboccata, capiamo che per questa donna non ci sono chance, che il regista non è e non sarà interessato, lei a malapena ha letto il copione, è convinta che il libro di partenza sia un porno, che gli attori dovranno indossare collari e borchie. Ma poi dalla sua borsa di Mary Poppins tira fuori un pacchiano abito giusto, una giacca miracolosa, raccoglie i capelli e la Wanda von Dunayev di cui c'è bisogno è lei. Entra ed esce dal personaggio e si fa dare le battute dall'incantato Amalric di cui intuiamo l'autobiografismo nel testo, così come dell'austriaco fu per il romanzo. Da una scena saltano all'altra analizzando personaggi e posizioni sul palco, e la Wanda che si chiama veramente Wanda ci sorprende sempre correggendo una luce, intuendo una sottigliezza psicologica – chi è veramente questa donna?, cosa è venuta a fare?
Usciamo dalla sala con ancora queste domande in testa, a bocca amara per la scena conclusiva, musicata magnificamente (come ogni altra scena) da Alexandre Desplat, tribalmente un po' eccessiva, che ci sottolinea come il regista si sia preso gioco di noi, ingannandoci con il trucco delle parti, con un autore in cerca di personaggio e un personaggio in cerca di due corpi. Magistralmente i ruoli si invertono e capovolgono continuamente, al punto che si necessita l'ordine fornito in apertura: dove comincia il libro e dove la pièce e dove il film. La Seigner è maestosa, magistrale, totalmente disposta a mettersi a nudo e in grado di assumere varie forme – lei è l'attrice che il maestro plasma; e il maestro non è qui Amalric (sempre bravo, per carità), ma Polanski, che dopo averci snervato (nel senso buono, per carità) con Carnage, adesso ci spiazza nel labirinto della psiche umana.

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