mercoledì 27 novembre 2013

31TFF: i misantropi.



Molière In Bicicletta

Alceste À Bicyclette, 2013, Francia, 104 minuti
Regia: Philippe Le Guay
Sceneggiatura originale: Philippe Le Guay & Fabrice Luchini
Cast: Fabrice Luchini, Lambert Wilson, Maya Sansa
Voto: 7.4/ 10
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«Un film leggero, una commedia intelligente» lo definisce Maya Sansa alla micro-presentazione per il pubblico, in prima serata all'inizio del Torino Film Fest; con lei ci sono il regista Philippe Le Guay, elegantissimo regista del fortunato Le Donne Del 6° Piano – che si scusa di non saper parlare l'italiano, dato che ricorda i tempi del cinema in cui gli italiani andavano a girare in terra francese e non si sapeva più definire Mastroianni francese o italiano – e l'attore co-protagonista, che l'italiano lo parla perfettamente, Lambert Wilson (anch'egli elegantissimo, più che con la chioma brizzolata), co-protagonista con Fabrice Luchini reduce da una serie di super-incassi: Le Donne andò benissimo e Nella Casa ancora meglio, e questo Alceste À Bicyclette ha incassato un milione in patria.
I due sono attori anche sullo schermo: uno, stella di una serie televisiva medico-avventurosa di cui scherza con chi ne capisce e si vanta con chi lo venera; l'altro si è praticamente ritirato dalle scene (scopriremo, poi, in che modo e con che forzatura) e ha ereditato una casa un po' dismessa in questa Île de Ré, cittadina francese in cui si gira solo in bici, e la bici non si lega ai pali. Vediamo subito, dalle condizioni della casa e dai problemi idraulici nel sottosuolo (e dalle tazze sbeccate), che se non fosse morto lo zio quella casa Serge non se la sarebbe potuta permettere: i prezzi non vanno sotto il milione. Eppure tutti vendono, inclusa l'italo-francese Sansa, che qui si chiama Francesca e ogni tanto litiga in lingua natia con l'ex marito al telefono. S'intrometterà in quella che è la trama allegorica del film: Gauthier che invita, quasi costringe, ammalia Serge con l'ipotesi di mettere in scena Il Misantropo di Molière. Ma la lite è dietro l'angolo: per la parte di Alceste o di Filinte?
Non è difficile capire il doppio senso della scelta teatrale, né la psicologia dei personaggi. Fabrice Luchini, amante di Molière al punto da non permettersi di metterlo in scena a teatro (né qui) e ideatore di questa trama, scava a fondo e ripropone due figure modellate su quelle rabbie represse e quei sentimenti. Due caratteri diversissimi, spesso incompatibili, che occupano completamente la scena e per tutto il tempo leggono i versi alessandrini originali. Mentre nelle nostre sale arriva In Solitario dei “creatori” di Quasi Amici è impossibile non paragonare quel successo a questo: a dimostrazione che una commedia può essere intelligente, istruttiva, non banale, e far sbellicare dal ridere. Certo non sveniamo dalla contentezza, ma siamo piacevolmente sorpresi, soprattutto per la satira che viene fatta della televisione, del recitare, dello scontro fra il teatro vecchio e quello nuovo (là era la ricchezza apparente contro la povertà genuina e simpatica, di cui già ci aveva parlato Topolino E Il Povero) e la nostalgia che le persone agée ne trarranno, l'avvento del nuovo, sempre meno profondo, sempre meno intellettuale, più impulsivo, più di pancia, che preferisce sostituire un vocabolo à-la-mode all'impronunciabile verso seicentesco. Il gioco delle parti è chiaro, e anche quello orgoglioso dei personaggi; nonostante ciò, pure la scena finale è in grado di sorprenderci, piacevolmente, dando ragione alla Sansa, che poveretta è relegata in un banalotto ruolo obbligato a rendere la commedia, come si dice, “romantica”.

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