martedì 28 gennaio 2014

AZT.



Dallas Buyers Club
id., 2013, USA, 117 minuti
Regia: Jean-Marc Vallée
Sceneggiatura originale: Craig Borten & Melisa Wallack
Cast: Matthew McConaughey, Jared Leto, Jennifer Garner,
Denis O'Hare, Steve Zahn, Michael O'Neill, Dallas Roberts
Voto: 7.4/ 10
_______________

Candidato a sei Premi Oscar:
film, sceneggiatura originale (Craig Borten & Melisa Wallack)
attore (Matthew McConaughey), attore non protagonista (Jared Leto)
montaggio (Jean-Marc Vallée & Martin Pensa)
trucco e acconciature (Aruditha Lee & Robin Mathews)
_______________

Scommettitore truffaldigno al rodeo, consumatore di sesso occasionale tra gli spalti, il saldatore Ron Woodroof ci viene presentato subito nel modo becero in cui è: orgette nella roulotte in cui vive, battute sui froci durante il lavoro coi compagni maschioni, coca e whisky come se piovessero. Poi un cavo del pannello gli fa scintille in faccia e lui finisce in ospedale: tutto ok in viso ma c'è un male nelle analisi del sangue. I medici lo informano del virus dell'HIV che ha contratto e lui, come ogni manuale di psicologia vuole, comincia col rifiuto della malattia, una malattia che è roba da froci o da tossici per endovena, mentre lui scopa solo le fighe e sniffa dal naso. Abbandona l'ospedale dando degli incompetenti ai camici e questa scena la rivedremo ancora dozzine di volte, perché quando avrà accettato la condizione terminale Ron finirà spesso sulla barella sotto osservazione. Capiamo quindi la magrezza estrema, una magrezza che ha ridotto Matthew McConaughey (complice il trucco) a un girovita inaffrontabile che, però, gli resterà uguale per tutto il corso del film. Gli avevano previsto trenta giorni di vita, non di più – e invece campa più di sette anni. Non certo grazie ai medicinali che gli vengono prescritti, inefficaci e non completamente testati; siamo negli anni dell'AIDS sterminatore e solo in Messico si trovano cure che certo non ammazzano il virus ma almeno eliminano i sintomi. Ron, di cui criticheremmo certamente lo stile di vita (che continua ad essere tutto donne coca alcool e soldi), parte e torna dal confine con carichi di pillole che prima si mette a vendere di contrabbando, parallelamente ai gruppi d'ascolto degli infetti, poi commercia in un vero studio con vere segretarie. Una di queste è Jared Leto, altra anoressia disgustosa per entrare nei panni di una donna priva di seno e di vagina, e che – deduciamo – non arriveranno mai, dato che sarebbe inutile intervenire chirurgicamente per un corpo in decomposizione. Parentesi sulla sua interpretazione: evitando la macchietta in cui sarebbe facilmente caduto, Leto mantiene i connotati maschili del maschio che fa la donna senza eccedere. Inevitabile il paragone con Gael García Bernal de La Mala Educación perché anche quello restava mascolino (essendo poi etero), ma celava un femminilismo che il buon Pedro aveva imposto. Leto invece non si sforza di camminare neanche dritto, tanto si sta disfacendo e tanto non crede a se stesso. Dice solo una volta «tesoro» e sentendolo ci accorgiamo che forse lo dovrebbe dire di più. Vomita sangue e implora la sopravvivenza e allora capiamo perché piace tanto all'Academy.
McConaughey invece, ormai dichiaratamente bravo, diventa quindi il portatore della sanità che la sanità non porta, addirittura regalando a chi gli aveva dato del finocchio le medicine per i parenti. Un percorso tipico da grande gigante egoista a gentile: ci schieriamo dalla sua parte, nonostante abbia deriso il prossimo se debole, perché adesso gli va incontro, nonostante i modi burberi e il rifiuto dell'istituzione ospedaliera. I medici sono tutti cattivi, tranne Jennifer Garner, che vive il dilemma – e tutto questo è molto ruffiano, i ruoli sono troppo squadrati e Jean-Marc Vallée non avrebbe dovuto prendere parte né posizione. Gli viene bene la stessa ambiguità sessuale che era tra i fratelli di C.R.A.Z.Y., suo film del quasi-esordio già piccolo cult, ma canadese e recitato in francese: un protagonista malato di AIDS eterosessuale, che addirittura disprezza i gay, è un buon punto di partenza; e infatti, è storia vera. Tutto il resto, eccetto i tentativi di immergerci nella malattia attraverso il sonoro e un montaggio svelto, è sviluppo di una storia da manuale.

Nessun commento:

Posta un commento