venerdì 5 dicembre 2014

i am. i will.



Hunger Games:
Il Canto Della Rivolta - Parte I
The Hunger Games: Mockingjay - Part I, 2014, USA, 123 minuti
Regia: Francis Lawrence
Sceneggiatura non originale: Peter Craig, Danny Strong e Suzanne Collins
Basata sul romanzo omonimo di Suzanne Collins (Mondadori)
Cast: Jennifer Lawrence, Josh Hutcherson, Liam Hemsworth,
Woody Harrelson, Donald Sutherland, Philip Seymour Hoffman,
Julianne Moore, Willow Shields, Sam Claflin, Elizabeth Banks, Stanley Tucci
Voto: 6.8/ 10
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I settantacinquesimi ed ultimi Hunger Games – cerimonia celebrativa in cui ogni Distretto mandava due tributi ex sopravvissuti dopo il tour di successo della coppia Katniss/ Peeta – si erano interrotti perché Jennifer Lawrence aveva scagliato la sua freccia verso il cielo, interferendo nel campo magnetico che regolava l'arena e la città intera di Capitol City. L'avevamo lasciata, la Lawrence, mezza esausta, in un letto chissà dove a scoprire che quell'atto era stato l'inizio di una ribellione, contro la quale si erano schierate molte delle persone che abbiamo conosciuto nei film precedenti, e adesso la ritroviamo a fare il riassunto delle puntate precedenti a se stessa. Peeta è rimasto là, dove l'industria della televisione e dell'apparenza regna sovrana; lei si rifugia nel Distretto 13, che si credeva estinto, e invece ben capitanato dalla nuova leva Julianne Moore presidentessa al fianco del deceduto Philip Seymour Hoffman miracolosamente presente nelle scene in cui serve. La ribellione che da questi sotterranei parte ha bisogno di un leader, e il leader deve essere la ghiandaia imitatrice del titolo originale, Mockingjay: Katniss accetta di capitanare i rivoltosi e le servono una regista in erba, due telecamere sempre presenti, un manager, una curatrice della sua immagine, un nuovo costume disegnato da Lenny Kravitz prima che morisse: siamo tornati alla satira del ventunesimo secolo con cui la trilogia si nutre e che sbeffeggia: il kitch, lo sperpero del denaro, i piani alti e i piani bassi, i lavoratori catalogati dal meno al più umile, e la diretta, che tutto decide e attorno alla quale tutto ruota. Mentre i film precedenti giocavano tantissimo dentro questo aspetto, ironizzando su una realtà non ancora raggiunta ma volto vicina, questa volta il peso amaro si sente molto meno, e se sono meno le telecamere davanti alle quali bisogna ben apparire sono molti di più i monitor e i televisori: Katniss scopre che Peeta è vivo solo attraverso uno schermo, così Peeta scopre Katniss, e i distretti scoprono della rivolta, e il presidente Snow scopre Katniss. Le persone quasi non comunicano fisicamente perché fisicamente c'è sempre di mezzo l'esercito pronto a sterminare. Il genocidio è qui estremo, molto più cieco, e serve a rimpiazzare gli Hunger Games che non vengono celebrati: niente più preparazione all'arena né attesa né tensione durante i giochi: questo film non ha niente. Prodotto commerciale per raddoppiare gli incassi, il terzo capitolo è stato diviso inutilmente in due parti – ma i due film sono stati girati insieme – per cui questo serve solo da tramite verso il prossimo, per il quale c'è da aspettare un anno. È un film di passaggio il cui apporto narrativo rasenta lo zero, e ripropone le solite solfe – l'indecisione della protagonista sul ragazzo che preferisce, visto che Liam Hemsworth questa volta ha molto più spazio e Josh Hutcherson molto meno, e quasi l'ammazza strozzandola; la falsità dei conduttori televisivi e dell'industria che li regge; l'omertà verso certi episodi e l'ignoranza in cui certi popoli vengono fatti vivere, ignari per esempio che la propria città sia stata rasa al suolo. Pellicola celebrativa della Lawrence e dei suoi legami familiari (ridicola la scena del gatto da salvare), si basa su un'attrice-del-momento a cui viene messa in bocca anche una ingiustificata (ma splendida) canzone, tra le tante canzoni che formano la solita colonna sonora d'impatto commerciale che riesuma addirittura Grace Jones (ma nei titoli di coda c'è solo Lorde). Al solito le due ore valgono anche solo per Elizabeth Banks che col passare degli episodi rivela ogni volta volti sempre nuovi e umani del suo personaggio; qui, ridotta a condividere con la plebe gli spazi e i vestiti, ci regala i monologhi d'ironia più alta, le battute più riuscite, facendoci dimenticare del suo ruolo nel primo film – che era un film da ovazione, ma poi come si sa il regista è cambiato e questa volta gli sceneggiatori pure e a dita incrociate aspettiamo il prossimo novembre.

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