sabato 24 gennaio 2015

Benito Cereno.



Il Nome Del Figlio
id., 2015, Italia, 94 minuti
Regia: Francesca Archibugi
Sceneggiatura non originale: Francesco Piccolo & Francesca Archibugi
Basata sullo spettacolo Cena Tra Amici
di Matthieu Delaporte e Alexandre de La Patellière
Cast: Alessandro Gassmann, Valeria Golino,
Luigi Lo Cascio, Rocco Papaleo, Micaela Ramazzotti,
Carolina Cetroli, Raffaele Vannoli, Giulia Salerno
Voto: 7.3/ 10
_______________

Si comincia a singhiozzi: i ricordi di una grande villa soleggiata dove si era soliti passare le giornate tutti insieme, i preparativi per una cena imminente, una modesta scrittrice ospite in un programma radiofonico, le riprese rubate da un elicottero telecomandato da due bambini costretti al letto mentre «i grandi urlano», e una di questi due bambini è l'incompresa Giulia Salerno forse un filo meno brava del film precedente. Lei si chiama Scintilla, suo fratello si chiama Pin: il loro genitore insegnante di Lettere all'università ha sempre apprezzato questi nomi evocativi di altro, di altre opere, eppure resta di sasso quando l'amico di tutta la vita gli confida come chiamerà il bambino che la moglie porta in grembo. Andando con ordine: la moglie è Michaela Ramazzotti, la scrittrice burina de Le Notti Di Effe che con trecentomila copie vendute e metà delle battute non scritte da lei si fa ospitare nelle dirette per promuovere l'opera magna; il marito è Alessandro Gassmann, figlio di ebrei e abitante di quella villa accogliente che abbiamo visto nell'incipit, adesso agente immobiliare di cui molti parlano grazie al vasto capitale di denaro che gli permette, ad esempio, di potersi permettere champagne da novecento euro per cene in famiglia. La cuoca di questa cena è Valeria Golino, anch'ella insegnante ma alle scuole medie, divisa tra il lavoro e la grande casa nella periferia romana zeppa di stranieri di ogni tipo, ginnasta domenica senza il tempo per andare in palestra e quindi limitata ai saltelli, ai gradini, ai pesi fatti di vassoi. Suo marito, il docente universitario, è Luigi Lo Cascio, che con la Golino ha condiviso anche il set de Il Capitale Umano senza incontrarla mai, costretto anche questa volta alla parte del saputello con gli occhiali beffeggiato, intellettuale sinistroide furibondo, che ha trovato una propria dimensione nella seconda vita virtuale, in Twitter, a cui pensa costantemente sempre fermandosi al centoquarantesimo carattere. Sono loro i genitori di Scintilla e Pin e sono loro i primi a rimanere di sale scoprendo che il futuro nipote avrà un appellativo che non porterà onore alla rinomata famiglia Pontecorvo... E sebbene nel trailer, nelle promozioni radiofoniche, sui giornali si faccia altamente attenzione a non svelare quale sia questo nome, la vicenda si consuma presto, perché il nome del figlio è un pretesto per passare ad altro, per rinfacciarsi il passato, vomitarsi addosso i rancori tenuti nascosti per anni, urlare le proprie opinioni completamente privati dei filtri. Mai la tavola li vede seduti tutti insieme, il cibo non diventa mai importante; in ultima analisi si passa a Rocco Papaleo, l'amico di tutta la vita che si riteneva omosessuale, con il segreto che fa traboccare il vaso. La cinquina di attori è in stato di grazia: Gassmann è sorprendente di fianco alla Ramazzotti di cui non avevamo dubbi e su tutti la Golino, immensa. Quello che però non va nella commedia – molto ironica a tratti anche molto arguta – sono forse le tattiche che usa per arrivare all'ora e mezzo e venire considerato lungometraggio da cinema. I flashback delle gioventù di questi amici, i bambini nell'altra stanza che non riescono a dormire: privato di questo annacquamento il film forse risulterebbe molto più potente, immersivo, e allora non raggiungerebbe forse quei settanta minuti di Carnage che pure gli assomiglia molto, moltissimo: ma il materiale di partenza è Le Prenom, pièce teatrale da cui poi è derivato Cena Tra Amici, film di Alexandre de La Patèlliere depurato del depurabile (dalla regista e dal comunista Premio Strega Francesco Piccolo che inserisce il suo libro su un divano in una scena) e puntellato di riferimenti italici quali Telefonami Tra Vent'anni di Lucio Dalla, canzone che accompagna il momento massimo di affiatamento fra gli attori, canzone amata dalla Archibugi che «ha scritto la scena esattamente in quel modo, non è stata improvvisata»; ed è allora doveroso l'inchino al senso che ci lascia in bocca: di una nostalgia non nostra, di un senso di non appartenenza. Ma poi, lo scivolone finale: l'utilizzo dei filmini privati di un'attrice che con l'ultimo colpo di scena mette su schermo un altro componente della famiglia cinematografica.

Nessun commento:

Posta un commento