martedì 27 gennaio 2015

gnocchi a colazione.



Unbroken
id., 2014, USA, 137 minuti
Regia: Angelina Jolie
Sceneggiatura non originale: Joel Coen, Ethan Coen,
Richard LaGravenese e William Nicholson
Basata sul romanzo Sono Ancora Un Uomo. Una Storia Epica
Di Resistenza E Coraggio di Laura Hillenbrand (Mondadori)
Cast: Jack O'Connell, Domhnall Gleeson, Garrett Hedlun,
Takamasa Ishihara, Finn Wittrock, Jai Courtney,
Maddalena Ischiale, Vincenzo Amato, John D'Leo, Alex Russell
Voto: 6.3/ 10
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Candidato a 3 Premi Oscar:
fotografia, montaggio sonoro, mixaggio sonoro
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Altro biopic per «una storia vera», altre nominations all'Oscar, altra sceneggiatura non originale – scritta addirittura dai fratelli Coen, grandi esclusi dall'Academy, su cui si puntava per una nuova candidatura dato questo lavoro eccelso di portare sullo schermo un eroe di guerra americano nonostante le origini veronesi, addirittura sia bombardiere che atleta olimpico, ennesimo personaggio di cui andare fieri dopo l'american sniper Chris Kyle, il matematico inglese Alan Turing e il fisico Stephen Hawking – e se i british gentlemen si assomigliano per la messa in scena tradizionale, tutta musicata fino alla commozione, ben interpretata dai loro attori emergenti, gli americani hanno sempre questo pallino per la guerra, per i bombardamenti e i conflitti mondiali. Clint Eastwood aveva giocato col sonoro tenendoci per ultima la grande scena dell'ultima battaglia; i Coen invece cominciano col botto (chi ben comincia è a metà dell'opera anche dal punto di vista cronologico della narrazione), con questo attacco aereo prolungato e a più voci, da più angolazioni, mentre sotto scorre l'oceano: quell'oceano dove il nostro Louie passerà quasi un mese insieme a un compagno e mezzo, con l'acqua razionata, qualche pesce pescato da mangiare crudo, addirittura un pellicano da sventrare. La causa: un incidente e uno schianto dell'aereo su cui gestiva i mirini; ma il peggio deve ancora venire, perché quel gommone di salvataggio sarà intercettato dall'esercito giapponese che lo chiuderà nei campi di concentramento dove i soldati nemici ricevono «il trattamento che ci si aspetta in tempo di guerra». Bastonate, frustate, pugni dati dai compagni sotto costrizione, punizioni fisiche per puro sadismo; ma lui rimane sempre in piedi, sempre unbroken appunto, titolo che più banale non si poteva, lui ovvero Jack O'Connell che smessi i panni di James Cook in Skins si avvia ad essere l'attore dell'anno con questo e altri tre film in uscita, più uno in cantiere diretto da Terry Gilliam. Il lavoro sul suo corpo è notevole: belloccio in partenza, collegiale prima e atleta poi per sfuggire al bullismo dei compagni americani, dalle braccia toniche e dagli occhi di ghiaccio, si consumerà per colpa del sole nelle acque del Pacifico e poi arriverà allo scheletrismo nella scena pomposa che dà immagine alla locandina, scavato in volto, emaciato. Eppure nessuna grande lode, né a lui né alla sua regista Angelina Jolie (titolo di un articolo su IMDb: Perché Gli Attori Credono Di Poter Dirigere?), che ha addirittura incontrato il Papa per questo lavoro. Donna tra le poche ad esplorare i terreni di guerra (ed è impossibile non citare il ben diverso approccio di Kathryn Bigelow), diciamo che senza particolare inventiva adempie al compito, che già aveva cercato di esorcizzare con In The Land Of Blood And Honey; viene in mente War Horse, insieme a tutti quegli altri film di guerra dolciastra, che come questo è sì storia vera e fedelmente raccontata ma talmente cinematografica da risultare ridondante. Eppure la cura e la minuzia è in tutto: nelle numerose scenografie ricostruite sia fisicamente sia digitalmente, negli effetti speciali e negli effetti sonori, e poi nella fotografia: il direttore della fotografia di questo film si chiama Roger Deakins e con questa giunge alla sua dodicesima nomination all'Oscar (parrebbe anche quella buona); Deakins, pittore della pellicola, feticcio dei fratelli Coen ma cinematographer anche per Le Ali Della Libertà, A Beautiful Mind e Skyfall, separa i toni caldi da quelli freddi relegando i primi al passato gioioso e i secondi alla contemporaneità più crudele. La storia comincia da metà, rivive in flashback la carriera olimpionica e ci prepara per quella militare e si conclude con le solite scritte di fondo, le solite immagini di repertorio di Louis Zamperini l'anno scorso, prima della morte, ancora in Giappone con la fiaccola. Nonostante i dialoghi italiani dei primi minuti, il ritratto è, come sempre, di un patriottismo americano nauseante.

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