venerdì 8 maggio 2015

il film svedese.




Forza Maggiore

Force Majeure, 2014, Svezia/ Francia/ Norvegia, 118 minuti
Regia: Ruben Östlund
Sceneggiatura originale: Ruben Östlund
Cast: Johannes Kuhnke, Lisa Loven Kongsli, Clara Wettergren,
Vincent Wettergren, Kristofer Hivju, Fanni Metelius, Brady Corbet
Voto: 8.8/ 10
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La famiglia Mulino Bianco è in vacanza sulle Alpi Francesi dedicando le giornate intere allo sci e le sere agli intrattenimenti alberghieri, in questo albergo di lusso che intravediamo fra corridoio e stanze tutte di legno, addobbi monocromatici a tinta unita come anche le tute da sci, i pigiami, i vestiti. Questo accorgimento fotografico (palese nelle scritte della locandina) si affianca a quello ambientale: le Alpi, i monti in generale, le nevi e le nevicate, vengono inquadrati come fenomeni mistici quali in effetti sono, con il piglio della curiosità per le carrucole, le impalcature, gli strumenti del mestiere quando sono guardati da un profano. Ad esse si aggiunge la musica: un'irruenta musica classica che fa da sfondo alle tensioni incipienti o agli eventi atmosferici, messa lì al punto giusto quando dobbiamo essere confusi. Questo è il contorno del film dal doppio titolo, Turist e Forza Maggiore, entrambi azzeccatissimi ma sicuramente di più il secondo. La forza maggiore è quella naturale, cataclismatica, delle valanghe di neve incontrollate a cui non si può far altro che assistere. La famiglia Mulino Bianco targata Ikea vi ci assiste una mattina a pranzo sulla terrazza del ristorante dell'albergo insieme a una folla prima incuriosita, poi videoreporter dell'accaduto attraverso smartphone e telecamerine (torneremo dopo sul dettaglio), poi terrorizzata nel constatare che la nube di vapore si fa sempre più grande e sempre più vicina (vedere nuovamente locandina). Tomas, il padre di famiglia, afferra guanti e iPhone e scappa dal locale, lasciando la moglie e i due bambini under 15 a urlare in mezzo a questa nebulosa bianca e in mezzo a queste urla generali. La telecamera è ferma: ci dimostra come il fenomeno sia di passaggio, tanto la valanga quanto la paura, perché poi tutto torna come prima, e i commensali si risiedono alle proprie sedie e ritornano a mangiare. Ma non è tornata come prima la situazione familiare: Ebba Mulino Bianco la sera a cena aprirà l'argomento raccontando a un'amica (e alla presenza di tutti) le vicende dell'accaduto, sottolineando la posizione codarda e vigliacca del marito, che ha preso guanti e iPhone ed è scappato lasciando i figli. Lui cercherà di giustificarsi. Ma la sera dopo, ancora a cena, con altri ospiti, Ebba tornerà sulla questione, dimostrando con video il comportamento, al quale Tomas non può più controbattere; il germe della diatriba si sposterà da una coppia all'altra, riflettendo su come ci si comporta d'impulso quando si ha paura, quando si esprime davvero la propria natura. Tomas adesso dovrà riappropriarsi del ruolo di maschio e patriarca della famiglia, i bambini dovranno mettere a tacere i pianti e le ansie del divorzio imminente, Ebba preferirà sciare da sola per trovare risposte alle proprie domande. La crisi si consumerà ancora meglio nel corridoio dell'albergo, dove il grottesco toccherà vette altissime: i pianti, le urla, le risposte fuori luogo – questo film brilla per una comicità inaspettata e infilata in ogni anfratto, magistralmente bilanciata dall'aspetto serio e psicologico dei suoi attori, calibrata con immagini ferme, mature, musiche giuste, interpretazioni asciutte, una trama evanescente e dialoghi realistici, specchio dell'incomunicabilità umana e dell'impossibilità di apparire prima di essere, delle relazioni in bilico su poche parole, del fare prima del dire. Si ride tantissimo, spesso ci si sbellica senza sapere il perché, eppure si esce dalla sala (complice anche un'indecifrabile scena finale) spaesati, messi in disparte mentre la storia si sviluppava, privi degli strumenti per cogliere appieno ogni immagine, ogni scena. Il film sembra costantemente volerci dire altro, ma magari non ha questo intento: certamente si celano riferimenti che immediatamente non cogliamo: Ruben Östlund, fan sfegatato della viralità di YouTube, è partito proprio dal filmato di una valanga per ricostruire il suo climax cinematografico – ma anche la conclusione deriva da un video virale. Da qui la costante presenza, l'ossessione della telefonia, e l'iPhone come primo reperto da salvare in caso di necessità: tutta è una finzione, tutto un video, tutto è costruito e montato – a cominciare dalla foto di famiglia dell'incipit, e dalla felicità che dovrebbe racchiudere. Passato da Cannes, da Toronto, da Torino, è arrivato agli Oscar 2015 dove ha visto una speranza nella shortlist di gennaio, e poi: nessuna assurda candidatura.

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