domenica 7 giugno 2015

horses.



Fury
id., 2015, USA/ Cina/ UK, 134 minuti
Regia: David Ayer
Sceneggiatura originale: David Ayer
Cast: Brad Pitt, Shia LaBeouf, Logan Lerman, Michael Peña,
John Bernthal, Jim Parrack, Brad William Henke,
Kevin Vance, Xavier Samuel, Jason Isaacs, Scott Eastwood,
Anamaria Marinca, Alicia von Rittberg, Laurence Spellman
Voto: 7.7/ 10
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Sopravvissuto al deserto africano e alle spiagge della Normandia, Brad Pitt guida un pugnetto di soldati nella Germania del 1945 (ma il film è stato girato in Inghilterra): i carri armati americani sono i peggiori per avanguardia e Hitler si ostina imperterrito a ogni tipo di risposta armata. Gli americani invadono lo Stato europeo; ma in uno scontro a fuoco il battaglione perde il tiratore scelto. Viene mandato, in sostituzione, un certo Norman, dattilografo addestrato a scrivere sessanta parole al minuto. Logan Lerman che lo interpreta era già stato “quello sensibile” in Noi Siamo Infinito; qui, strappato alla sua normale banalità, viene messo di fronte ai tedeschi costretto a premere il grilletto – si rifiuta; già al primo giorno urla: «mi arrendo!», grida: «sparate a me piuttosto!». Don Pitt mischia il ruolo di Bastardi Senza Gloria a quello di The Tree Of Life togliendo al primo il mento in fuori e al secondo i figli e lo governa con paterna durezza, per il suo solito bene. Il ragazzo si domanda costantemente perché, perché proprio lui, perché la guerra – e quegli altri, nei loro sbalzi d'umore, gli rispondono quello che si rispondono per campare: ché se non ammazza, viene ammazzato. Niente patriottismo dunque, per una volta: ma pura autenticità. Anche perché David Ayer, regista pure di Training Days, è un ex marine; e da ex marine è interessato all'aspetto antropologico della guerra, all'analisi delle diverse reazioni dei soldati e delle diverse reazioni dello stesso, nello stesso giorno. Fedelissimo agli eventi storici non addolcisce nulla, a differenza del primo cinema americano: vediamo morti ammazzati, morti suicidi, gente che brucia, bambini impiccati. Tutto è reale: le 350 comparse sono attuali soldati inglesi o ex militari, il carro armato Fury è un M4A2E8 (76) W VHSS (…) proveniente dal museo inglese di Bobington, l'unico carro perfettamente funzionante del mondo e per la prima volta utilizzato in un film di finzione; i costumi si basano su quelli conservati negli archivi dei Paesi coinvolti nel conflitto e le armi sono le stesse utilizzate in Salvate Il Soldato Ryan, Band Of Brothers e The Pacific. Immersiva anche la performance degli attori: un periodo di addestramento iniziale culminante con il reale equipaggiamento del carro armato, e poi nei sessantatré giorni di riprese: docce vietate, nessuna razione completa di cibo e sonni sotto alle stelle – e alle eventuali piogge: per non uscire dal rigore dei personaggi. Brad, il più anziano della combriccola, si temeva non sopportasse i duri sforzi; poi arriva l'unica scena del film in cui si lava e vediamo che sotto alla divisa non nasconde massa grassa. Shia LaBeouf, al suo solito, era tutt'uno col personaggio: non solo si tagliava la faccia tutte le volte che il copione lo richiedeva e s'è davvero staccato un dente; interprete di un cattolico dalla ferrea memoria biblica, a contatto col cristiano Ayer e l'ex allievo religioso Pitt ha trovato sul set la fede, e s'è convertito al Cattolicesimo. La mistura religiosa incontra quesiti aulici a cui è la misera terra a rispondere: la guerra c'è e bisogna farla. Non è un caso che in un film bellico le scene di azione si contino sulle punte delle dita; la sequenza forse più tirata per le lunghe è quella di un'incursione in casa altrui, davanti a un piano e qualche uovo – e una ragazza, Emma, a cui è concessa la scena pietosa e la musica migliore della colonna sonora (di Steven Price, premio Oscar alla prima nomination per Gravity). Il regista non è interessato alle botte: ma quando ce le mostra costringe il povero montatore a diventare cieco epilettico, tagliando segmenti di un secondo e mettendoli uno dopo l'altro; anche questo esempio di fedeltà alla vicenda, ché ciò che siamo abituati a vedere, nitido e scandito, durare lunghi minuti in sala, nella realtà è questione di attimi e di sovrapposizioni di eventi. Infatti da cinque contro trecento diventano uno.

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